Nel weekend abbiamo partecipato a delle interessanti attività sensoriali in mezzo ad un bosco.

Una di queste prevedeva di togliersi le scarpe e camminare su materiali naturali diversi.

Nel farlo pensavo a quanto mi piace stare scalza, senza costrizioni di calzature, a contatto con il terreno.

L'erba soffice, la sabbia morbida, i sassi tondi o quelli aguzzi, l'acqua calda o freddissima, la corteccia ruvida, la terra secca: non tutto è comodo e piacevole, ma regala un'esperienza intensa, che ti fa sentire vivo.


Immersa in queste riflessioni ho pensato a quante volte nella vita ci capita di non avere la libertà dei "piedi scalzi", ma al contrario siamo in "scomode calzature": regole sociali, situazioni lontane dalla nostra essenza, persone che non ci corrispondono, che ci fanno sentire limitati, irrigiditi, a disagio.


E - ancor più - ho pensato alle persone con disabilità.

Ho pensato alle persone che funzionano in modo diverso, che hanno sensorialità diverse e molto complicate, un modo diverso di esprimersi, di apprendere, di reagire alle situazioni.

Ho pensato a quanto il mondo intorno a loro sia spesso come una scomoda e rigida scarpa, magari di 2 numeri più piccola, all'interno della quale camminare diventa una fatica insopportabile.

Ho pensato a quanto le persone intorno a loro siano spesso sassi aguzzi che respingono e feriscono.

Ho pensato che sarebbe giusto non chiedere loro un continuo e difficile adattamento al mondo che abbiamo costruito secondo il "nostro" punto di vista. Sarebbe arricchente scambiarci le lenti con cui guardiamo la realtà, metterci gli uni nelle scarpe degli altri.

O semplicemente lasciare spazi, tempi, affetti adeguati perché ciascuno possa trovare a piedi scalzi la libertà di essere sé stesso.

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