La nascita di un figlio disabile o comunque il momento della diagnosi di disabilità, è qualcosa di dirompente all’interno di una famiglia. I genitori spesso ce lo descrivono con parole molto significative: crisi totale, baratro, buio, lutto, assenza di futuro. Le famiglie coese e armoniose riescono a farvi fronte meglio, grazie ad un miglior funzionamento socioemotivo, che permette - di fronte alla scoperta della disabilità - un buon adattamento psicologico e la capacità di riorganizzazione di ogni membro della famiglia. Al contrario, dove già lo stress e i conflitti sono alti, dove sono scarsi l'aiuto reciproco, l'unione e il sostegno emotivo, la crisi diventa esplosiva, causando separazioni e divorzi in numero molto maggiore rispetto alle famiglie in cui ci sono figli senza disabilità. È indubbio che madri e padri abbiano ruoli diversi e una diversa predisposizione alla cura incessante che richiede un figlio con disabilità. Le madri - come citano numerose ricerche - sono spesso sole nell'accudimento del proprio figlio, arrivando in molti casi a rinunciare alla propria vita personale e lavorativa. I padri invece sono più a rischio nello sviluppo di solidi legami affettivi con il figlio disabile, in quanto il loro ruolo nella cura è più marginale e più orientato all'esterno della famiglia, primo fra tutti per fronteggiare l’aspetto economico. I padri sembrano manifestare minori livelli di disponibilità, maggior difficoltà nel decifrare i segnali del proprio figlio e questo è tanto più consistente quanto più gravi sono le difficoltà presentate dal figlio disabile. Ma i papà sono presenze importanti e fondamentali, nel sostegno alla propria moglie/compagna, così come per il figlio con disabilità. Papà?! Raccontateci la vostra storia, il vostro punto di vista. In cosa vi sentite più portati? In cosa vi sentite di poter essere di aiuto? A quali compiti vi piace dedicarvi? Cosa, nel concreto, vi piace fare per/con vostro/a figlio/a? Vi sentite di supporto alla mamma?


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